Tamara Ferrari, sul suo blog melanova di vanityfair, racconta la storia di Leda:
«Per una vita mi sono sentita malata, un mostro. Ho cercato in tutti i
modi di reprimermi e, sbagliando, ho pensato di costruirmi una vita
come tutti gli altri. A 28 anni, pur non avendo mai avuto fino ad allora
alcun tipo di relazione sentimentale, mi sono sposata, e mi sono
ritrovata a far cose che il mio corpo aborriva, dovevo comportarmi da
uomo ma il mio corpo non se la sentiva». Leda ha 48 anni. Per tutta la vita ha vissuto da uomo, pur sentendosi donna dentro.
«La pressione sociale era forte, e quando ero adolescente non c’era
Internet, non c’erano le possibilità di informarsi che ci sono oggi.
Sono cresciuta sentendomi “sbagliata”. Solo dopo l’avvento della rete ho
cominciato a capire. Facendo ricerche online ho scoperto che non ero
l’unica. E mi sono resa conto che non potevo più mentire a me stessa e
agli altri».
Leda è di Savona. Ha deciso di raccontare la sua storia per sostenere la petizione avviata su Change.org
per chiedere ai presidenti di Camera e Senato di accelerare l’iter di
approvazione della proposta di legge sulla modificazione
dell’attribuzione di sesso, per garantire dignità e inserimento sociale
alle persone trasgender e transessuali.
«Da un anno sto facendo le terapie ormonali, il mio corpo è già cambiato, ho perso molti chili, mi vesto e vivo da donna», racconta, «Ma sulla carta d’identità c’è ancora il mio nome da uomo
perché la legge attuale prevede il cambio dell’identità sui documenti
solo dopo l’intervento chirurgico per cambiare sesso». Poi precisa: «O
meglio, la legge non parla di operazione, ma i giudici hanno sempre
applicato l’interpretazione più restrittiva, così oggi in Italia cambi
nome sui documenti solo dopo che ti sei operata, e la burocrazia è
lunghissima. Ma questo non è giusto».
«Non si può “obbligare”una persona ad operarsi, l’intervento non è
una passeggiata, molti non possono permetterselo a causa delle loro condizioni di salute»
«Io ci ho messo tanti anni prima di accettare me stessa per quello
che ero», racconta Leda, «Da giovane stavo male, mi sentivo sbagliata. A
21 anni sono andata in terapia, dopo due anni la psicologa è riuscita a
farmi ammettere che mi sarebbe piaciuto essere una ragazza, ma non è
andata oltre, forse perché non era preparata. Vent’anni fa non era mica
come oggi!».
Dopo le nozze, ha avuto due figli. «Ma il matrimonio
non funzionava, lo mandavamo avanti solo per amore dei ragazzi e per
motivi economici», racconta Leda, «Nel frattempo, all’insaputa di mia
moglie ho ripreso a frequentare delle sedute terapeutiche, poiché stavo
troppo male, e piano piano ho acquistato consapevolezza di me. E lì è
stato un dramma, perché non sapevo più che cosa fare. C’era una moglie,
c’erano dei figli, c’erano delle responsabilità. Ma c’era anche la vera
me stessa che premeva per uscire fuori. Alla fine è arrivato il momento
in cui non sono più riuscita a nascondermi, mia moglie ha scoperto tutto
e c’è stata la separazione, traumatica».
Leda è andata a vivere da sola, in un paesino in provincia di Savona. Era preoccupata per i suoi figli: «Non volevo che subissero il trauma di vedere il loro padre diventare donna». E per il suo lavoro: «Sono
camionista. Ho continuato a lavorare, ma nel frattempo, dopo aver
iniziato le cure ormonali, il mio corpo ha cominciato a cambiare,
ho perso sette chili. Il mio datore di lavoro se n’è accorto, ho dovuto
raccontare quello che mi stava succedendo. Mi sono resa conto di quanto
in Italia ci sarebbe bisogno di professionisti che aiutino i datori di
lavoro ad affrontare i casi come il mio. Ci vorrebbe un osservatorio, che aiuti entrambe le parti ad affrontare il problema».
E poi c’è la questione dei documenti. «Io, per ora,
l’ho risolta andando in comune e facendo mettere sulla carta d’identità
la mia foto attuale. Così, anche se c’è il mio nome da uomo,
nell’immagine si vede che sono una donna. Con questo escamotage finora
non ho avuto problemi. Certo, sarebbe meglio se finalmente potessi
chiamarmi Leda anche sui documenti. Per questo chiedo anche io che la
legge venga modificata, e che venga fatto in fretta».
Nessun commento:
Posta un commento